Pensieri rivoluzionari in prestito dalla fantascienza - parte III
La terza (e per ora ultima) puntata sull'incontro di fantascienza tra unə monacə e un robot, la timidezza delle chiome, e che cosa ci insegna sugli spazi del nostro io.
Questa è la terza (e per il momento ultima) puntata sull'incontro di fantascienza tra unə monacə e un robot dei libri di Becky Chambers. Se siete arrivatə qui senza aver letto le prime due puntate, potete recuperarle cliccando qui sotto (alcune cose si faranno più chiare):
La timidezza delle chiome
Il secondo libro della serie “Monk and Robot” si intitola “A Prayer for the Crown-Shy”; non so ancora come verrà tradotto in italiano, ma la traduzione più vicina, conoscendo l’evoluzione e il significato del racconto, potrebbe essere “Una preghiera per le timide chiome”. Il fenomeno di cui parla Chambers è conosciuto in inglese con il nome di crown shyness, o, in italiano, timidezza delle chiome. Si tratta di un comportamento (ben documentato ma non ancora del tutto compreso) che alcuni alberi assumono quando crescono in spazi confinati: per evitare di toccarsi, le chiome di alberi molto vicini tra di loro formano una volta arborea che dall’alto si presenta come un mosaico.
Si tratta di un fenomeno che si osserva soprattutto nelle foreste tropicali dove gli alberi, spesso con fronde molto dense, crescono in prossimità gli uni degli altri. Tuttavia, anche in queste dense foreste, le foglie di alcune specie non entrano mai in contatto. Le loro chiome, benché vicine, lasciano uno spazio tra di loro tale da creare degli spiragli attraverso i quali la luce filtra in un delicato equilibrio. Si formano così figure e movimenti suggestivi, che diventano ancora più affascinanti quando le chiome si muovono al vento.
Nel racconto di Chambers, ə nostrə due protagonistə Dex e Mosscap, a un certo punto si mettono in viaggio per andare a trovare la famiglia di Dex, e d’improvviso delle timide chiome attirano l’attenzione di Mosscap:
Mosscap pointed. “Crown shyness is so striking, don't you think?” Dex had no idea what Mosscap meant. […] “Look at the treetops,” it said. “What do you notice?”
“Uh,” Dex said. They frowned, not knowing what Mosscap was getting at. There were branches, obviously, and leaves, and... “Oh, they're...” They fell quiet as their perspective of the surrounding landscape shifted in a way they'd never unsee.
Despite their number and close proximity, none of the treetops were touching one another. It was as though someone had taken an eraser and run it cleanly through the canopy, transforming each tree into its own small island contained within a definitive border of blue sky. The effect reminded Dex of puzzle pieces laid out on the table, each in their own place yet still unconnected. It wasn't that the trees were unhealthy or their foliage sparse. On the contrary, every tree was lush and full, bursting with green life. Yet somehow, in the absence of contact, they knew exactly where to stop growing outward so they might give their neighbors space to thrive.
Mosscap indicò. “La timidezza delle chiome stupisce molto, non trovi?”. Dex non aveva idea di cosa volesse dire Mosscap. [...] “Guarda le cime degli alberi”, disse. “Cosa noti?”
“Ehm”, disse Dex. Si accigliò, non sapendo dove Mosscap volesse andare a parare. C'erano rami, ovviamente, e foglie, e... “Oh, sono...”. Si ammutolì quando la prospettiva del paesaggio circostante cambiò in un modo che non avrebbe più potuto dimenticare.
Nonostante il loro numero e la loro vicinanza, nessuna delle cime degli alberi si toccava. Era come se qualcuno avesse preso una gomma da cancellare e l'avesse passata in modo netto attraverso la chioma, trasformando ogni albero nella sua piccola isola contenuta in un netto confine di cielo blu. L'effetto ricordava a Dex i pezzi di un puzzle disposti sul tavolo, ognuno al proprio posto eppure non collegati tra loro. Non che gli alberi fossero malsani o il loro fogliame fosse rado. Al contrario, ogni albero era rigoglioso e pieno, pieno di vita verde. Eppure, in qualche modo, in assenza di contatto, sapevano esattamente dove interrompere la crescita verso l'esterno per dare spazio ai loro vicini per prosperare.
La timidezza delle chiome trova spazio nel racconto di Chambers non soltanto in questa scena piena di stupore e bellezza, ma in modo più metaforico anche nelle scelte di rispetto, tolleranza, e cura che vengono descritte nel libro. Nella vita su Panga, il diritto che ha ogni persona di scegliere per la propria vita, e la validazione di queste scelte da parte di altrə, sono una cosa molto importante. Così importante da farsi spazio in (almeno) tre episodi del racconto.
Gli spazi della nostra autodeterminazione
Durante la loro avventura assieme, Dex e Mosscap si ritrovano a visitare un villaggio di persone che rifuggono da ogni tecnologia moderna, credendo che la distruzione causata dalle azioni umane secoli fa possa ripetersi se continuassero a utilizzare qualsiasi tecnologia. Piuttosto che giudicare e condannare la decisione di vivere in questo modo, Dex spiega a Mosscap che è la loro scelta, e che come tale deve essere rispettata. I due decidono allora di attendere un po’ sulla soglia del villaggio, e lasciare che siano le persone residenti ad avvicinarsi a loro, se lo desiderano, piuttosto che irrompere e pretendere di essere accoltə. Alla fine unə abitante del villaggio decide di incontrarlə e di mostrar loro i dintorni, ma tutte le altre persone rimangono nelle loro abitazioni: ognunə è stato in grado di decidere per sé.
Di passaggio in un altro villaggio, quando Mosscap decide di svolgere un elenco di faccende per le persone residenti (vedi la scorsa puntata), Dex è molto perplessə: teme che aggiustare porte rotte e riparare biciclette non sia quello che serve a Mosscap. Anzi, è proprio convintə che svolgere una lista di mansioni random non sia assolutamente il tipo di risposta che vada cercando Mosscap, una risposta per la quale ha interrotto un silenzio lungo duecento anni. Eppure, una volta appurato che questo è quello che Mosscap desidera, Dex accetta la sua decisione:
Dex didn’t like it, but they weren’t about to dictate what their friend could and could not do.
A Dex la cosa non piaceva, ma non aveva intenzione di decretare1 ciò che il suo amico potesse o non potesse fare.
Il momento del racconto in cui questa dinamica di rispetto viene fuori in modo inconfutabile e per me commovente, è però un altro.
Di strada verso l’ennesimo villaggio da visitare, Mosscap improvvisamente cade: un pezzetto del suo marchingegno interno si è rotto, e il robot fatica a restare in equilibrio. Mosscap si trova così dinanzi a un grande dilemma: dai tempi del risveglio delle macchine, quando i robot si rompono, non vengono aggiustati; vogliono così tanto capire la natura e la fragilità delle cose che invecchiano e muoiono, da voler sperimentare lo stesso processo. Dex, che vorrebbe che l’amico robot funzionasse di nuovo bene, non comprende perché la cosa sia un tale dilemma per Mosscap: il componente che si è rotto si può facilmente sostituire, e il robot potrebbe tornare a camminare senza problemi. Eppure Dex non forza mai il suo punto di vista su Mosscap:
“I don’t want to push anything that isn’t okay by you”, Dex said. They meant that sincerely.
“Non voglio forzare nulla che non vada bene per te”, disse Dex. Lo pensava sinceramente.
Dex non capisce le motivazioni dietro il dilemma di Mosscap, prima, e la sua scelta, dopo (vi lascio alla lettura del libro per sapere come va a finire). Non le capisce, non le fa sue, ma sente che tra loro due esiste una differenza (soprattutto di tipo culturale) e che questa differenza va innanzitutto riconosciuta, per essere poi rispettata e protetta. Piuttosto che imporre il proprio punto di vista, Dex chiede a Mosscap:
Qual è la soluzione che potrebbe essere okay per te? Cosa posso fare per aiutarti?
E se Mosscap decidesse di sedersi sul ciglio della strada a lasciarsi arrugginire? Dex non sarebbe certamente d’accordo, ma accetterebbe la sua decisione, e gli starebbe accanto.
Quante volte le persone che amiamo decidono di fare delle cose che non comprendiamo? Cose che fatichiamo ad accettare? Scelte che ci sembrano stupide, irrazionali, talvolta avventate. Quante volte, spesso mossə da amore e buone intenzioni2, pensiamo di sapere meglio di loro di cosa hanno bisogno, e proviamo a imporre su di loro la nostra volontà, i nostri desideri?
È stata impegnativa, illuminante, e anche commovente, la lettura di questa meravigliosa conversazione tra due persone amiche che si preoccupano l’unə per l’altrə, che si prendono cura l’unə dell’altrə, ma che sanno concedersi reciprocamente spazio per affermare il proprio “io”, il proprio diritto di autodeterminazione. Come quegli alberi dalle timide chiome, a condividere aria e luce con le loro fronde dense, pur lasciandosi sempre spazio a vicenda per crescere e germogliare.
Cose che ho letto, visto, sentito
Ho visto “Your Name Engraved Herein”, la storia d’amore queer di due ragazzi nella Taiwan degli anni ‘80. È triste? Molto. È bello? Un sacco. Ho da sempre una certa ossessione per Taiwan (mi sa che ci scrivo pure una puntata), che, fact, è stato il primo Paese in Asia a legalizzare il matrimonio tra persone dello stesso sesso. La canzone mi è rimasta nel cuore, tanto da farmi desiderare di parlare o almeno capire il cinese mandarino.
- ha scritto una puntata di “Una figlia per amica” assolutamente necessaria: “Dobbiamo avere il coraggio di aprire quella porta senza distogliere lo sguardo, per parlare di maternità anche in termini di abbandono, pentimento, desiderio.”
Ho ripreso in mano “Riscatti. Archivio romantico delle foto perdute” di Ivana Marrone: la magia di essere (s)conosciutə davanti a un obiettivo fotografico: “Sarò bella! Ma non solo per te che scatti questa foto credendomi tua per sempre. Sarò di molti, di tutti. Bella e libera.”
Spero che questo trio di puntate fantascientifiche vi sia piaciuto, e che abbia seminato piccoli pensieri ribelli. Li leggo con piacere se volete condividerli :)
A giovedì prossimo! Frattanto, fate ə monellə!
Una traduzione più appropriata di “dictate” in questo contesto potrebbe essere “imporre”, nel senso di imporre la propria volontà (ma io non sono una traduttrice, quindi abbiate pazienza :)).
Sull’amore e le buone intenzioni avrei tanto da scrivere, ma lascio le parole per un altro giro, o questa puntata non finisce più.
Mi hai fatto scoprire un tesoro con queste storie 🙏🏼
Un sacco di bei pensieri ribelli 💙 Grazie per questa trilogia, linda