Meno male
Di ansia, treni in stazione, un compleanno che si avvicina, e troppi desideri per una torta sola.
I'll kiss you again, between the bars
Where I'm seeing you there with your hands in the air
Waiting to finally be caught
Pensavo che la settimana senza chemioterapia sarebbe stata quella del sollievo, così come accadeva in passato. Invece è arrivata la nausea, che non sentivo ormai da quattro mesi, e un senso di disgusto generale dentro la bocca. Mi sono ricordata dei mesi orrendi a cavallo tra il 2023 e il 2024. Il medico mi ha spiegato che queste pillole vengono metabolizzate con certe tempistiche, ha nominato una cosa tipo curva di rilascio/assorbimento, non ci ho capito un tubo, e non mi capita spesso, di non capire un tubo. Le analisi del sangue però sono buone - dice - così oggi aumentiamo un po’ la dose. Meno male.
Ho tanto male al seno, gli spiego. Mi visita, ma facciamo un’ecografia, e cerchiamo di capire cosa c’è che non va. Mi mandano subito in radiologia - trovano un buco, ora, così, su due piedi. L’efficienza di questo ospedale è roba di un altro pianeta, forse. Meno male.
Meno male. Sembrano le mie due parole preferite dell’ultimo anno. Le uso spesso in chat con una certa persona, soprattutto quando le chiedo se mi ama ancora, e quanto mi ama, e lei mi risponde con un numero multiplo di cinque, un numero bello e grande, e io non riesco a dire altro che - meno male. Meno male che mi ami. Meno male che in ospedale fanno le patatine fritte. Meno male che alla casa di volontariato in città c’è un servizio di assistenza psicologica. Meno male che il cielo è azzurro. Meno male che esisti. Meno male che esisto.
Da qualche anno a questa parte soffro di ansia, un disturbo d’ansia generalizzato, per essere precisə. Da quando ho ricevuto la mia diagnosi di cancro, un po’ me ne sono dimenticata (se possibile). Mi sono dimenticata dei sovraccarichi emotivi, delle paure irrazionali, del desiderio di sparire, del timore di fare le cose, del timore di non farle. Le spirali in cui finivo per cadere almeno un giorno a settimana. I sensi di impotenza, di vertigine. Le palpitazioni, il mal di pancia. Con il cancro ho dimenticato tutto. Contro ogni aspettativa, non ci ho più pensato. Forse dovevo fare posto a un malessere più grande, non sono sicura. Forse non avevo risorse sufficienti per concedermi di essere ansiosa. Non saprei. Sono passati tanti mesi, senza l’ansia. Persino nelle visite più cruciali, quelle in cui sapevo che il medico stava per darmi un verdetto - verde o rosso - funziona o non funziona - va bene o va male. Non sentivo la gola chiudersi, lo stomaco in subbuglio, il cuore galoppare. Ero preoccupata, sì. Allarmata. Impaurita. Ma non era ansia. C’era un equilibrio (molto raro per me) di pensieri e sentimenti, una specie di coltre a coprire gli eccessi, a smussare gli spigoli. Quando il mio medico aveva brutte notizie, piangevo. Desolata, un po’ rassegnata. Consegnavo il mio cuore alla notte, senza troppi pensieri. Quando le notizie erano buone, finivo di trattenere il respiro (senza accorgermi che lo stavo facendo, in effetti), e dicevo, tra me e me, meno male.
In questi mesi di presente progressivo, l’ansia sta tornando. Riconosco con estrema facilità la fonte di ogni preoccupazione che mi attraversa il cuore, prima, e la mente, dopo: il timore di non riuscire a vivere tanto quanto vorrei. E non parlo della paura di morire, no; questa è un’altra cosa. Parlo proprio delle cose che vorrei fare. Farle tutte. Imparare tutto, vivere tutto, leggere tutto. Conoscere le persone, i luoghi, le lingue, gli oggetti, le cose, tutto. Impararle. Consacrarle alla mia memoria.
Quando avevo diciassette anni ho letto per la prima volta “Il libro dell’inquietudine” di Fernando Pessoa, un libro che ha prodotto una grande quantità di biglietti e rimasugli sulla bacheca della mia vita. Questo passaggio, in particolare, ricordo mi scavò un buco dentro, tra la pancia e il cuore:
Sento il tempo come un enorme dolore. Abbandono sempre ogni cosa con esagerata commozione. La povera stanza d'affitto dove ho passato alcuni mesi, il tavolo dell'albergo di provincia dove sono stato sei giorni, perfino la triste sala d'attesa della stazione dove ho speso due ore aspettando il treno: sì, le cose buone della vita mi fanno male in modo metafisico quando le abbandono e penso, con tutta la sensibilità dei miei nervi, che non le vedrò né le avrò mai più, perlomeno in quel preciso ed esatto momento. Mi si apre un abisso nell'anima e un soffio freddo dell'ora di Dio mi sfiora il volto livido. Il tempo! Il passato! [...] Ciò che sono stato e non sarò mai più! Ciò che ho avuto, e non riavrò! I Morti! I morti che mi hanno amato nella mia infanzia. Quando li evoco la mia anima si raffredda e io mi sento esiliato dai cuori, solo nella notte di me stesso, piangendo come un mendicante il silenzio sbarrato di tutte le porte.
Abbandonare le cose è sempre molto complicato per me. Abbandonare luoghi, persone, progetti, idee. Persino, o forse soprattutto, abbandonare i desideri, mi costa fatica, mi reca sconforto e grande sofferenza. Le voglio sempre afferrare tutte, le cose di questa vita, e di tutte le vite che non ho vissuto. Così ho passato gran parte della mia vita with a fire under my ass - direi in inglese, e non so come dirlo in italiano. A detta della mia psicologa, questo potrebbe essere il motivo per cui non mi ricordo quasi niente dei miei anni formativi, per cui ricordo pochissimo persino dei miei anni da adulta.
Troppo presa ad afferrare l’afferrabile, avrei dovuto piuttosto dirmi: fermati, guarda, impara questo momento, vivilo, memorizzalo, ti tornerà utile, o forse è solo che è bello, e la sua bellezza potrà salvarti, un giorno. Invece ero troppo presa a contare i treni in corsa, quelli presi e quelli persi, per fermarmi un attimo a osservare le stazioni intorno a me.
Non ci prendiamo in giro, mi dico. Lo sai benissimo, che sta succedendo: manca una settimana al tuo compleanno, monella. E vorrei poter dire che me li ricordo, i miei ultimi compleanni, ma disgraziatamente mi ricordo solo che mi hanno lasciato addosso un senso di malinconia incredibile, la tristezza di Pessoa, quella di lasciare le cose, Pessoa che scrive un libro che non è un libro ma piuttosto un collage di pensieri solo per aggrapparsi alla parvenza di vite vissute e non vissute. Non mi ricordo niente, dei miei compleanni, ma per fortuna ho lettere d’amore sparse in giro per casa, un paio di foto in camera da letto, e una corona di plastica nel cassetto dei giochi con un bigliettino attaccato che mi proclama “birthday queen for a day (or a week, whatever you like)1”. Meno male.
Manca una settimana al mio compleanno, e penso che ho così tanti desideri pronti a essere espressi da poter iniziare adesso a soffiare le candeline.
Vorrei tornare a traboccare, straripando gli argini. Armare la prora, salpare verso il mondo. Colorare le pareti di casa di giallo. Abbattere il blu, tutto il blu che c’è.
Ho deciso che mi comprerò una torta di compleanno gigante, e che sopra ci metterò tante candeline, tanti numeri, troppi numeri, tutti i numeri - 30, 27, 40, 33, 39, 25, 15. Farò tutti i compleanni, tutti assieme, di nuovo. Tornerò indietro nel tempo, soffierò tutte le candeline ed esprimerò 40 desideri.
Meno male che esisti. Meno male che esisto.
Cose che ho letto, visto, sentito
Sto guardando Boris, risate assicurate. Pietro Sermonti shines like a star, I am telling you. Ma che bella è, la sigla?
Sto leggendo Cambiare l'acqua ai fiori. È troppo presto ora, ma vi dirò :)
Questo numero di Cancer Culture: “For others, however, know that life is not “good vibes only” all the time. Maybe you’re just trying to survive another Tuesday. And that’s OK too.”2
Fate ə monellə, vvb ❤︎
regina di compleanno per un giorno (o una settimana, come preferisci tu).
Per altre persone, invece, sappiate che la vita non è sempre e solo "good vibes". Forse state solo cercando di sopravvivere a un altro martedì. E va bene anche così.
Meno male che hai scritto la newsletter anche questa settimana!
Quel vivere ogni giorno come se dovessi morire tra una settimana ce l'ho anch'io, sempre avuto. Ed è peggiorato da quando la morte l'ho incontrata. 😹 Ci provo a ricordare, a fare tante foto. Ogni tanto mi fermo e le riguardo. Quello che ho imparato però è tatuato dentro di me. 💜