Amicizia: femminile, plurale
Un diagramma di Venn sulle mie amiche donne, passando per una serie TV e uno studio sull'ossitocina. Porti sicuri e specchi brillanti, ovvero le mie amicizie al femminile.
We've done it for fun, we've done it for free
I showed up for you, you showed up for me
Ciao, monellə!
Ho terminato l’ultima puntata di questo strambo contenitore di monellerie e colori con una poesia che è stata in grado di fornirmi grande pace in questi giorni sulla ruota panoramica. Scrivevo:
Ho letto questa poesia di Wendy Cope che voglio scrivere a penna su fogli colorati pieni di fiori da regalare a tutte le persone che amo. “I love you. / I’m glad I exist.”
E così ho fatto. Mi sono seduta, un pomeriggio, fogli e matite colorati alla mano, e ho copiato la poesia la bellezza di quindici volte. Ho consegnato a mano un paio di buste, le altre viaggiano as we speak, e arriveranno1 in Italia, Spagna, UK, un po’ ovunque (ho pezzetti di cuore sparsi in giro per il mondo, sì).
Delle quindici lettere d’amore che ho scritto, una è destinata a un uomo, le altre quattordici sono destinate a donne2. Questa cosa non mi ha stupita particolarmente, perché, come avevo detto in questa puntata qui, ho tante amiche, tutte importanti, tutte uniche, tutte diverse, divise in categorie, come un diagramma di Venn con una grande fetta in comune colorata d’amore e di fucsia:
L’amicizia al femminile io l’ho scoperta da adulta. Non che non avessi amiche donne, prima, amiche ragazze, intendo. Ce le avevo eccome. Ma la forza, la potenza, la capacità salvifica dell’amicizia al femminile, l’ho scoperta solo da adulta, e soprattutto da quando mi sono avvicinata al femminismo.
Fin da bambine, a noi che un giorno saremmo diventate donne, ci hanno insegnato a temerci a vicenda: i film Disney con cui sono cresciuta, Biancaneve, Cenerentola, La bella addormentata nel bosco, La Sirenetta (tutti, oh!) mostrano donne vendicative e gelose che attaccano altre donne. Streghe da una parte, principesse dall’altra.
Crescendo, poi, abbiamo sentito tante volte quella storia per cui le donne non possono essere davvero amiche di altre donne. Una storia raccontata con parole diverse e in lingue diverse, ma che più o meno narra sempre di donne gelose, competitive, incapaci di fare squadra, troppo prese da relazioni romantiche, pronte a mollare la presa appena arriva l’uomo della vita (uso una visione eteronormata di proposito).
Quante bugie. Bugie raccontate e perpetuate da un sistema patriarcale che ha fatto (e che fa ancora) di tutto per opprimere le donne e dare il potere in mano agli uomini (semplifico, perché le parole di oggi le voglio dedicare alle donne della mia vita, e non a un sistema sociale e culturale che è la causa di un sacco di malanni del nostro tempo).
Voce del verbo insieme
L’amicizia al femminile non è solo possibile, è anche profondamente preziosa.
Non riesco a scriverne senza menzionare una serie televisiva che ho amato molto: Grace and Frankie. Grace e Frankie, le protagoniste, sono due donne adulte, ricche, bianche, e piene di privilegi; intorno ai 70 anni vengono lasciate dai mariti, i quali fanno coming out dichiarando di amarsi e di volersi sposare. Le due donne, decisamente diverse tra di loro, vanno a vivere assieme, e si ritrovano ad affrontare la vita assieme. Si scoprono amiche, sorelle, compagne. La serie è divertente e piena di roba su cui riflettere (la vecchiaia, la perdita, la malattia, la convivenza, il romanticismo - ci sarebbe davvero un sacco da scrivere), ma è sicuramente la relazione tra Grace e Frankie che la rende speciale.
È la storia rivoluzionaria di due donne che non solo trovano relazioni appaganti e significative al di fuori e al di là di strutture familiari più o meno tradizionali (alleluia!) ma che riescono davvero a guardarsi negli occhi, a vedersi, a riconoscersi. Che si innamorano, l’una dell’altra, diventando l’una la forza catalizzatrice della scoperta dell’altra. La loro è un’amicizia che arriva tardi nella vita, e che non può permettersi di scommettere sulle speranze per il futuro, ma che piuttosto si sforza di trarre il massimo dal presente (e in un certo qual modo dal passato).
Ma cosa rende un’amicizia femminile come quella tra Grace e Frankie così preziosa?
Non ho di certo risposte universali - soltanto qualche pensiero monello che arriva dal mio diagramma di Venn (passando dal cuore), e, visto che sono una scienziata e ormai lo sappiamo tuttə e amen, uno studio sulle amicizie al femminile che risale al 20003, e che ho letto per intero da poco. Partiamo da quest’ultimo.
Si tratta di uno studio condotto dalla University of California, Los Angeles (UCLA) che ha ribaltato cinquant’anni di ricerca sullo stress - ricerca che fino al 2000 era stata condotta solamente (o comunque al 90%) su, guess who?, gli uomini. Prima di questo studio, infatti, si credeva (cioè lo diceva la scienza eh), che quando gli uomini le persone sono sottoposte a stress, si innesca una cascata ormonale che spinge il corpo a scegliere tra due scenari possibili: resistere e combattere o fuggire il più velocemente possibile (quell’antico meccanismo del fight-or-flight, insomma). Invece, questo studio dell’UCLA ha evidenziato per le donne un meccanismo diverso, un meccanismo oggi noto come tend and befriend: in situazioni di stress, quando l'ormone ossitocina viene rilasciato in una donna, questo argina la risposta fight-or-flight e la incoraggia invece a prendersi cura di bambinə o a riunirsi con altre donne per la difesa reciproca.
Quando ci si dedica all’amicizia con altre donne, in particolare, sembrerebbe che il rilascio di ossitocina sia maggiore, il che aiuta a contrastare ulteriormente lo stress, producendo calma e benessere (una risposta che invece negli uomini non avviene per via del testosterone). Ora, il modello proposto non è certamente perfetto, anche e soprattutto perché nel considerare le due strategie come caratteristiche del genere maschile e femminile, sembrerebbe promuovere una sorta di determinismo di genere. Tuttavia, trovo due cose particolarmente affascinanti: la prima, che la scoperta che le donne rispondono allo stress in modo diverso dagli uomini sia avvenuta in uno di quei classici momenti “aha” e che sia stata fatta (ovviamente) da due scienziate (donne). Dopo essersi rese conto che le donne erano state escluse del tutto dalla ricerca in questione (duh).
La seconda è che al di là dell’amore (che rimane per me la prima risposta a ogni domanda), chissà che quando chiamo un’amica in lacrime, quando le dedico una canzone, quando le scrivo una poesia, quando condivido con lei il mio tempo, il mio spazio, le mie risorse, quando mi nutro di lei, e lei si nutre di me, chissà che io non stia meglio anche grazie all’ossitocina. Chissà.
Sicuramente sto meglio perché le mie amiche mi vedono. Perché non ho bisogno di spiegare il desiderio di visibilità, di validazione, di riconoscimento.
Quest’ode all’amicizia femminile lo dice bene:
It’s startling to think what my reality would be without her - she’s had my thoughts and voiced them before I even knew the words. She hears me as me; she’s more me than me. We are each other’s proof of existence, a justification of sorts that says, “you are valid as am I.”
È sorprendente pensare a cosa sarebbe la mia realtà senza di lei- lei ha avuto i miei pensieri e li ha espressi prima ancora che io conoscessi le parole. Mi sente come io sento me stessa; è più me di me. Siamo l'una la prova dell'esistenza dell'altra, una sorta di giustificazione che dice: "tu sei valida come lo sono io".
Sicuramente sto meglio perché con loro mi sento al sicuro. Perché ci nutriamo a vicenda. Perché ci proteggiamo. Perché troviamo conforto, nel sapere che non siamo sole nelle nostre lotte. Nel sapere che, finché ci avremo, l’una l’altra, non perderemo.
Nella serie di cui parlavo prima, a un certo punto Frankie inizia a soffrire di artrite reumatoide, e dipingere diventa sempre più faticoso, fino a pensare di dovervi rinunciare per sempre:
My painting days are over [I miei giorni da pittrice sono finiti] dice Frankie
Not if I have anything to say about it [Non finchè posso farci qualcosa io] risponde Grace
E allora Grace le presta le mani, e un po’ anche gli occhi. Prende Frankie e se la mette a cavalluccio, fa un pezzetto di strada per lei.
Noi, amiche donne, a volte la partita la giochiamo assieme, a volte restiamo a bordo campo, non ci è possibile fare altrimenti, ma non smettiamo mai di fare il tifo. Di esserci. Non lasciamo. Anche quando le cose finiscono, in verità duriamo per sempre.
Brillanti, femminili, al plurale, insieme.
Cose che ho letto, visto, sentito
Ho finito il numero 38 di New Philosopher (viaggio sempre in ritardo, sulle riviste): una lettura super interessante su rischi, paura, coraggio.
E a proposito di riviste, ho finito anche il numero 42 di Slanted: un’edizione di una bellezza incredibile sui libri e sulla stampa, che mi ha fatto compilare una lista lunghissima di roba che vorrei comprare (mi serve un mutuo, LOL).
Ho visto Mary & George, una serie TV che racconta di come George Villiers sia entrato nelle grazie di Re James I d’Inghilterra grazie all’astuzia della madre Mary. E sì, l’ho guardata perché c’è lui, però anche lei, mio Dio, non scherza mica.
A presto! Mi raccomando, fate ə monellə!
Si spera, eh - perché “never trust the poste”.
Quando dico uomini e donne, qui ma non solo, intendo: persone socializzate al maschile o al femminile, parlo cioè della loro identità di genere, che può o non può coincidere con il loro sesso biologico.
amo tutto. Grace and Frankie poi! <3