Domani è domani
Polittico dell'Agnello Mistico, il mio compleanno, e una serie di prima e dopo della mia vita lunga quarant'anni.
Keep you apart, deep in my heart
Separate from the rest, where I like you the best
And keep the things you forgot
Se mi conosci, sai che non amo il mio compleanno. Se non mi conosci, e hai letto la puntata precedente, sai che non amo il mio compleanno.
Domani è domani. E domani è il mio compleanno. No, che stupida, voi leggerete questa puntata giovedì, come ogni giovedì, e il mio compleanno sarà già passato. Era ieri. Insomma, domani era ieri. Perché tutte le cose prima di arrivare, le aspettiamo, alcune di più e altre un po’ meno, ma poi arrivano, passano, scorrono, e se ne vanno.
Ho quarant’anni, e sono viva. Non ne sei felice? - mi chiede lei. Ma sì, certo che sì. L’anno scorso, tra ottobre e novembre, prima di fare una valutazione precisa dello stato della mia malattia ho passato notti intere sveglia a domandarmi - e se questo fosse tutto quanto? la mia riserva di sentimenti, di cose da fare, da dire, da pensare? di persona da incontrare, da amare, da lasciare? di cose da mangiare, da gustare? se fosse questo il fondo? il mio limite? la mia riserva di vita?
Quando ho iniziato le cure ho iniziato a domandarmelo di meno, a pensarci di meno, forse non avevo lo spazio mentale per una cosa così grande, non saprei dire.
Questo compleanno lo passerò con la mia famiglia, quella che ho scelto negli anni adulti, quando “sono diventata grande”. La stessa famiglia che si è fatta trovare sotto casa, il 20 ottobre 2023, quando sono rientrata dall’ospedale, singhiozzando, senza fiato. Una famiglia che tiene botta, nonostante i tempi difficili, le aspettative, i desideri mancati, le giornate che scorrono lente e complicate, e tu spesso non sai che fare per renderle più semplici. Quest’anno alla mia famiglia scelta, nel giorno del mio compleanno, si è aggiunta un’altra persona, un’amica che non sentivo e non vedevo da tanti anni, ma che la malattia e il dolore hanno delicatamente ripescato dalla rubrica telefonica e dall’album dei ricordi, coniugando i nostri tempi verbali nuovamente al presente. Lei ha scelto di esserci, mentre altre persone (parecchie, pure) non ce l’hanno fatta. Io però non rimprovero niente a nessunə, perché lo so, che serve coraggio, per continuare ad amare, quando quello che si ama cambia colore, forma, dimensione, registro vocale. Alcune persone lasciano, e va bene così.
Questi quarant’anni non saranno uno spartiacque per me, perché anni di terapia mi hanno insegnato che tanta, troppa roba, nella vita altro non è che una costruzione mentale o sociale per sincronizzare i nostri moti dentro un mondo a volte troppo burrascoso e troppo diverso, così diverso da rendere il perdersi estremamente facile. Abbiamo bisogno di incontrarci, di dirci cose che si assomiglino, un po’, e allora costruiamo calendari, traguardi, date da ricordare, giorni da festeggiare. Ed è giusto così, e sono felice di avere quarant’anni ed essere viva. Ma questo giorno non è un prima, e non è un dopo. I miei prima e dopo, quelli della mia vita, sono ben altri: prima e dopo aver deciso di non mangiare più animali, prima e dopo Roma, prima e dopo il mio dottorato, prima e dopo Jon, prima e dopo aver abbandonato la carriera accademica, prima e dopo mio marito, prima e dopo il femminismo, prima e dopo la morte di Jon, prima e dopo Gent.
Gent, mijn stad1.
Ho sbagliato un mucchio di roba nella mia vita, ma se c’è una cosa che sicuramente mi è riuscita bene è stato scegliere il luogo da chiamare casa. Casa mia. Che poi a Gent ci sono finita un po’ per caso, ricordo a me stessa in un momento di onestà. Il 26 aprile duemilaundici sono arrivata alla stazione di Sint-Pieters con due valigie, una rossa e una gialla, uno zaino, e un sacco di anni in meno; era un giorno di primavera, il cielo blu, la piazza piena di biciclette, l’aria piena di trepidazione, e io mi sono detta - quanta bellezza! Me ne ricordo ogni volta che qualcunə viene a trovarmi, e andiamo in giro per Gent e io dico al mio cervello veloce e maldestro - fingi un po’, su, fingi di vedere tutto per la prima volta, fingi di camminare su questi ciottoli qui come se fosse il primo giorno, fingi di non capire la lingua, fingi che questo è il primo momento che osservi i canali che scorrono, i ponticelli vecchi e robusti, i gradini consumati, i fiori sui balconi, su ogni balcone. Così fingo, e spesso mi riesce persino bene, e torno a sentire lo stupore, la meraviglia, una fiamma nel cuore che parte leggera e che a poco a poco consuma tutto mentre penso - che bella che è, casa mia.
Ho finto un po’ anche questa settimana quando sono tornata alla cattedrale di Sint-Baafs con la mia amica, a vedere il Polittico dell'Agnello Mistico dei fratelli van Eyck. L’ho visto tante volte, nonostante sia spesso in restauro, ma ogni volta è un po come se fosse la prima. E non so se sia così per tuttə, o se questa cosa qui dipende dal modo in cui riesco a dire al mio cuore - fingi, su, ti prego. È stato bellissimo, vederlo di nuovo. Rimango sempre affascinata dalla sua grandezza, e da come sia necessario spostarsi più volte per provare a imprimersi nelle pupille quanti più dettagli possibile dei dodici pannelli. Poi bisogna spostarsi ancora, andare dietro, negli angoli, provare a rubare per un attimo la bellezza dei pannelli alle spalle, quelli che starebbero in avanti, se il polittico si chiudesse. Ecco, ci dicono, alle 16.55 in punto una tecnica verrà ad azionare il meccanismo di chiusura dei pannelli, potete restare a osservare, se volete. A quanto pare se compri un biglietto per l’ultimo turno di visita questa cosa qui è possibile. Io non lo sapevo mica, e questa cosa qui non l’ho vista prima d’ora. La chiusura è lenta, si prende il tempo che le serve, ne faccio un video, almeno in parte, mentre penso a questi personaggi eterni che se ne vanno a nanna (cit.) dopo un giorno di ammirazione - Dio, Maria, Adamo, Eva, i profeti, le sibille, gli angeli. Quanta roba, penso. Quanta storia. Quanta bellezza, quanta magia. Ovviamente piango un po’. Penso che a volte serve un po’ di coraggio anche per lasciarsi ammirare, per farsi amare.
Aver comprato un biglietto per l’ultimo turno di visita significa anche che assistiamo all’after care delle cose, alla cura di quello che viene dopo, quando le luci si spengono, e ci si prepara per una nuova ondata di bellezza. Così mi accorgo che l’impiegato che avevo visto alla biglietteria ora se ne va intorno alla chiesa con un secchio pieno di candele consumate. Un rituale preciso e necessario in cui recupera piccoli rimasugli di candele da sotto ai banchetti, e li riversa in un secchio pieno di altra cera. Penso che buffo, forse tutta questa cera verrà riciclata, congelata, fusa, usata di nuovo. Forse formerà candele nuove e nuove preghiere. Roba nuova eppure antica come il mondo, sussurrata in tutte le lingue, in tutti i toni, con tutto l’amore possibile. La tecnica che ha chiuso il polittico ora invece sta spegnendo le candele che sono ancora accese, perché si sente, nell’aria, che tra poco si chiudono le porte e si spengono le luci, sulle nostre preghiere e sui nostri desideri. Sui nostri cuori.
Penso ai secoli di storia e di fede. Penso ai luoghi di culto e a tutta la bellezza che contengono, assieme alla disperazione. Penso che domani è il mio compleanno - ma ora so che domani è già passato. Penso ai domani del mondo, e ai suoi prima e ai suoi dopo. Penso che ci sono delle cose, nella vita, che quasi annullano tutti i dopo, che azzerano il futuro e annebbiano tutti i prima. Penso alla mia malattia, e al cero che la mia amica ha deciso di accendere, penso che adesso sarà spento, che domani tornerà a brillare, che durerà qualche ora, prima di consumarsi e finire dentro un secchiello, in un mare di cera e altre accorate preghiere.
Penso, anzi, lo so, che nella condivisione, nell’arte, nella bellezza, è possibile salvarsi, tornare a vedere i prima, e immaginarsi ancora i dopo.
Auguri, Paola, domani è domani, ed è già passato.
Cose che ho letto, visto, sentito
La mia amica Eleonora Marocchini ha lanciato una newsletter,
, di cui c’è grande, grande bisogno! Dal primo numero: “sebbene non sia una religione, la scienza ci fornisce delle approssimazioni utili sui fenomeni che ci riguardano e che ci circondano - forse, in effetti, le migliori che abbiamo”.- mi ha scavato roba nel cuore: “Casa è saperti muovere al buio in luoghi che non abiti più. Eppure non tornerei ed è qui che la magia si interrompe. È casa ma non è più casa mia.” Prima o poi scrivo dell’isola, promesso.
- su che cosa significa, oggi, femminismo: “Feminism becomes meaningless when it's reduced to empty rhetoric about supporting women's choices. Unfortunately, women often choose to be subservient and kowtow to men's desires because that's what's rewarded under patriarchy. That's simply not feminism.”2 L’ho letto tante volte, sono sicura lo leggerò ancora.
Fate ə monellə, e se volete farmi un regalo di compleanno potete sempre fare una donazione per Gaza, vi lascio un progetto qui. Grazie <3
Gand, la mia città.
Il femminismo diventa privo di significato quando si riduce a una vuota retorica sul sostegno alle scelte delle donne. Purtroppo, le donne spesso scelgono di essere sottomesse e di assecondare i desideri degli uomini perché è questo che viene premiato dal patriarcato. Questo non è femminismo. (mia traduzione).
Il domani è arrivato, e l'esercito di papere è venuto a prenderti. Ma per fortuna che oggi è oggi! ("Meno male!")
Ho adorato Gand quando ci sono stata! Come ci sei finita? università? quasi quasi mi piacerebbe finirci anche a me ... :)