Questo corpo
Quando ho scoperto di essere corpo? L'ho sempre saputo, ma l'ultimo anno ci ha avvicinati ancora di più, io, lui, e le mie guance tonde. La mia promessa d'amore quotidiana.
Questo corpo che mi vuole bene
Anche se cade non succede niente
Così cantavano LRDL nel 2018, e io mi innamorai subito di questa canzone (e del suo videoclip).
È un anno che stiamo assieme, io e lui, io e il mio corpo, in un modo che non avevamo mai vissuto prima. C’è stato solo lui, lui, lui. Di cosa hai bisogno, oggi? Glielo domando da tanti mesi, oramai, ogni giorno, tutti i giorni. Lui risponde, ha sempre risposto, ma io ora ci sento meglio, e lo sento dirmi: oggi riposo, forse una piccola passeggiata, adesso una coccola, la doccia oggi no - che importa se è martedì, ho detto oggi no. Non ho sete, non ho fame, lasciami in pace, mi urla - devi sforzarti, gli rispondo io - mangia un po’, ti prego, piano piano. Abbracciami, mi sussurra nei momenti più tristi. Stringimi, ti sorreggo, non ti lascio andare. Vorrei dirgli che va tutto bene, che andrà tutto bene, che non deve avere paura. Mi commuove.
Quando hai scoperto di essere corpo?
L’ho sempre saputo, ma l’ho scoperto di nuovo quando è arrivata la malattia. Non ho mai pensato che il mio corpo mi avesse tradito, è una narrazione che non mi è mai appartenuta, una cellula sarà sicuramente impazzita, ma le altre hanno fatto del loro meglio, fanno ancora del loro meglio. Quando ho iniziato le cure per guarire dal mio carcinoma mammario, però, è stato lì che mi sono ricordata: ho un corpo, io sono corpo. Le mie braccia per afferrare, le mie gambe per andare, i miei occhi per guardare, la mia bocca per gustare, le mie ossa per sorreggermi. I miei fianchi, prima snelli e poi più morbidi, le mie mani, prima forti e poi più fragili, la mia schiena, prima dritta e poi più curva, a letto, sotto le coperte, a cercare conforto, immaginando realtà diverse, sognando a occhi aperti.
I miei seni, tondi e belli, improvvisamente con un corpo estraneo che mi terrorizzava. Ti ho riscoperto con forza e violenza quando ti prendevo a pugni, da dentro, gridando e battendo contro le tue pareti. Quanto forte eri tu, quanto forte sei, stento a crederci.

Quando hai scoperto di essere corpo?
L’ho sempre saputo, ma l’ho scoperto di nuovo quando ho iniziato a monitorarlo. I miei globuli bianchi che scendevano, l’emoglobina che non ce la faceva proprio a stare sopra nove, il sangue di un’altra persona pronto a ridarmi la vita, qualche goccia di energia. I capelli che iniziavano a cadere, il cortisone che mi riempiva il viso: adesso non scorgo più i miei zigomi alti, al loro posto vedo due mele rotonde, sotto gli occhi, e le vedi anche tu, piene e rosee, adesso, se io sorrido di quei sorrisi che strizzano gli occhi. Ho le macchie sulle mani, sui piedi, sul viso una costellazione di lentiggini che non ho disegnato io, ma che ora mi appartiene. Mi lasci poco spazio per arbitrare questa partita, il mio cervello lo sa che hai ragione tu, ma io fatico a starti dietro. Che poi non sono mai indietro, sono dentro di te, tu involucro e contenitore, tempio sacro e profano. Mi sforzo di ricordare le tue preghiere.
Quando hai scoperto di essere corpo?
L’ho sempre saputo, ma l’ho scoperto di nuovo quando mia madre si è presa cura di me, come ci si prende cura di una bimba appena nata. Il mio corpo è in parte il suo, ho pensato a un certo punto. È la storia di questa donna che mi ha concepita e partorita, portandomi alla luce in questo mondo di caos e bellezza. Il suo DNA nel mio DNA, i suoi geni, la sua pelle, quell’odore di mamma che non so se io possiederò mai. Tu, corpo, sei anche la sua storia, ne hai memoria, coscienza, ricordo. Ti ha cullato, accudito, nutrito, ti ha lavato, pulito, insegnato a stare al mondo. Ti ha visto muovere i primi passi, su quelle gambe corte e piene. Storia antica come il mondo, che si ripete senza stancarsi mai.
Quando hai scoperto di essere corpo?
L’ho sempre saputo, ma l’ho scoperto di nuovo in una fredda giornata di dicembre, quando ho preso parte a una lezione di dance therapy, che è una cosa che usa il movimento come mezzo per rilassarsi, entrare in contatto con il proprio corpo, e con altri corpi. Ho scoperto di essere corpo quando ho pensato “non riuscirò a muovermi, sono goffa e pesante e sento come una zavorra trascinarmi giù, a terra”. Ho scoperto di essere corpo quando invece poi ti sei mosso, le mani ai fianchi, libero da giudizi e sguardi indagatori, e ondulavi il sedere, stringevi le mani intorno alle spalle, muovevi i piedi, con un ritmo solo tuo: destra, sinistra, destra, sinistra. Ho scoperto di nuovo che c’eri, che la tua fibra ha resistito, che sei sopravvissuto e vivo, anche se spesso ti senti spezzato a metà. Hai perso metà di te, ma la metà che è rimasta splende, è mille volte più preziosa, più profonda. E lo sai, sicuro che lo sai, mentre balli ancheggiando davanti al tuo partner di danza, e vi guardate negli occhi, e c’è così tanta tenerezza che ti viene da piangere.

Quando hai scoperto di essere corpo?
L’ho sempre saputo, ma l’ho scoperto di nuovo stamattina, in bagno, davanti allo specchio. Mio marito si lavava i denti, e io mi sono messa al suo fianco, mi ha dato un abbraccio laterale, pizzicando un po’ i miei fianchi morbidi, ingrassati. L’ho guardato allo specchio e l’ho visto sorridere, la sua espressione piena d’amore e di gentilezza. Ho sorriso anch’io, posando lo sguardo sui miei occhi scuri, le lentiggini, le mele tonde e rosee. Ti ho visto, diverso, traumatizzato, segnato. Le cicatrici sulla pelle, la port ancora dentro di te, avvitata sui muscoli sotto la clavicola sinistra. Ho riscoperto che ci sei, e che ti amo. Ti amo come posso, te lo giuro. Ho sorriso a mio marito, e mi sono detta che è bello, essere corpo ed essere più di un corpo, perché solo così posso farmi posto nel cuore di chi mi ama, rannicchiarmi al caldo, protetta e al sicuro.
Mio caro compagno di viaggio, è un onore averti conosciuto, così come sei, ossa e carne e grasso e muscoli. Sangue, acqua, vene che pulsano. Il muscolo più forte che pompa in petto, quello che alla sera si accoccola ai nostri piedi, a letto, e che al mattino se ne torna nella sua gabbia d’oro. Mio caro compagno di viaggio, mi sostieni e mi aiuti. Ti aiuto anch’io.
Ti amo come posso, te lo giuro.
Cose che ho letto, visto, sentito
Ho visto Will & Harper, un documentario Netflix sull’amicizia tra Will Ferrell e Harper Steele che ci porta in un viaggio attraverso gli USA mentre Harper racconta e rivive la sua esperienza di coming out come donna trans. Bellissimo.
Ho anche visto Good Grief, un film del 2023 che racconta il lutto, anzi i lutti di Marc, e di quello che significano per lui e per la sua famiglia scelta. Mi è piaciuto tanto, tanto, tanto. Una frase che mi è rimasta dentro: “Sometimes You Lose Sight Of What’s Going On Around You Because You Just Want To Breathe The Same Way You Did Before.”1
Letto e salvato l’ultimo numero di di Eleonora Marocchini. Un numero pieno di spunti di riflessione su un’accademia che dovrebbe iniziare a essere più aperta, più lenta, e soprattutto più piena di processi di cura.
Grazie per aver letto anche a sto giro. A presto, e “Fate ə monellə!”
A volte si perde di vista ciò che accade intorno a noi perché si vuole solo respirare come prima (prima del lutto, della perdita, del grief).
Che bellissimo “nuovo” rapporto. Grazie.
Ciao Paola, un pezzo bellissimo e, come sempre, sentito. Mi ha fatto tornare in mente una canzone che mi ha sempre messo i brividi che è molto in linea al tema che hai trattato. Te la lascio qui: https://www.google.it/search?q=canzone+il+mio+corpo+michele+bravi