La paura di non avere niente da dire
Ogni volta che ho pensato di far partire una newsletter, mi sono sempre detta che no, non potevo - che avevo paura di non avere niente da dire, a un certo punto. Ultimamente sono ritornata a questo pensiero, e non è che adesso la paura non ci sia più, eh, solo che mi sono resa conto che in realtà non me ne importa nulla. Perché ho deciso finalmente di aprire questo contenitore di parole? Perché mi sono resa conto che gli altri spazi di questo grande universo digitale iniziano a starmi un po’ stretti. E perché vorrei finalmente concedermi all’esercizio della scrittura.
Quindi, eccoci qui, con il numero zero di Fate ə monellə.
Spero di non deludervi dicendo che non ho preparato nessun piano editoriale, non ho stilato nessuna lista di cose di cui vorrei parlare. Tuttavia, questo spazio si è manifestato nella mia mente tante sere a letto, prima di dormire, e l’ho immaginato di nuovo al mattino, alla luce del sole, e tutte le volte mi è sembrato di vedere una storia di Roald Dahl (lo so, sto peccando tantissimo di presunzione). Dahl è un autore britannico noto soprattutto per i suoi romanzi d’infanzia, racconti pieni di humour, di robe meravigliose, di fantasia, di domande, e, quando gira bene, di risposte.
Da poco ho visto il cortometraggio di Wes Anderson “The Wonderful Story of Henry Sugar”, tratto proprio da una storia di Dahl che avevo letto tanti anni fa. Sono rimasta ammaliata, di nuovo, dalla storia-dentro-la-storia-dentro-la-storia-dentro-la storia. Una trama fitta di parole ed eventi che però non confonde ma piuttosto ti tiene incollata alle pagine (o allo schermo) in attesa della svolta, della chiave di lettura, della risposta tanto attesa (il racconto poi parla anche di un uomo che vede senza usare gli occhi, e questa cosa mi ha fatto riflettere su tantissime cose, ma di questo parlerò in un altro episodio).
Insomma, un po’ alla maniera di Dahl, mi piacerebbe che questo spazio fosse un posto per raccontare storie dentro le storie, per cercare qualche risposta assieme, ma, soprattutto, come dice il titolo a inizio pagina, che fosse un invito alle monellerie. Un invito a colorare fuori dai bordi, a fare domande scomode, a mettere in discussione quello che sappiamo.
Che troveremo, qua dentro? Molto probabilmente storie di papere (poi vi dico perché le amo), di dati, di scienza (indipendente), di open science, di femminismo, di lotta, di cancro (sì, ho un cancro al seno, ma questa è un’altra storia).
Cose che ho letto, visto, sentito
Ho ricevuto in dono e letto una meravigliosa storia scritta da Becky Chambers, A Psalm for the Wild-Built (edizione italiana dal titolo “Un salmo per il robot”) - un racconto utopico che è uno sguardo pieno di speranza sul futuro (poi robot + monaco = storia cozy Sci-Fi assicurata)
Ho finalmente letto Scrivi e lascia vivere - manuale pratico di scrittura inclusiva e accessibile - una risorsa veramente utile che mi ha fatto riflettere sul termine inclusione e su alcune scelte di scrittura. Avete notato che uso la schwa (ə) nel titolo di questa newsletter? Vorrei evitare il maschile sovraesteso, superare il binarismo di genere, fare in modo che tutte le persone che leggono questo contenuto si sentano viste, accolte, presenti. D’altro canto, adesso so che alcuni lettori di schermo non sanno come leggerla (creando un effetto buco nel testo o leggendo e-girata), quindi forse non è la scelta migliore. Ci rifletterò.
Ho iniziato a catalogare i libri di casa (usando un’app che si chiama Handy Library), ho catalogato solo la libreria in salone (190 libri), e sto recuperando letture un po’ vecchiotte ma mai iniziate. Una di queste è Busy: How to Thrive in a World of Too Much, ve ne parlerò :)
Ah, che giorno esce questa newsletter? Non ne ho idea :) Ma ci sentiamo presto, promesso. Frattanto, mi raccomando, fate ə monellə!