A Santuzza
Una canzone d'amore in coreano, la storia di Santa Rosalia, e la lotta transfemminista contro ogni violenza di genere: "ti rissi no".
At a seashore far away
At the end of the sky somewhere
Keep the precious memories
Of you and me
Quando sogno a occhi aperti faccio sogni possibili, di quelli che semplicemente non si sono (ancora) avverati perché non c’è tempo per diventare tante persone, in una vita sola (non me ne importa molto dei sogni impossibili, non me ne è mai importato granché). La mia voce è bella, ho cantato in diverse occasioni nella mia vita, e memorizzo note e parole in modo sorprendente, così nel mio sogno a occhi aperti più ricorrente sono una cantante: è il tempo del crepuscolo, mi trovo in una stanza in penombra, drappeggi rossi di velluto davanti a finestre ampie, a fermare la luce presente, e prometterne di nuova. Canto una canzone d’amore, e non so quante persone ci sono, davanti al palchetto che mi ospita, non ha importanza. Canto una canzone d’amore, ma è per me. Anni fa ho preso questa bellissima abitudine di dedicarmi canzoni d’amore: le ascolto, e se le so cantare le canto pensando parlino di me, le ho scritte io, e le ho scritte per me.
Paola a Paola, cuore a cuore.
Quella che più mi suona in testa nelle ultime settimane è una canzone cantata da Lee Sun-kyun, un attore coreano che mi piace molto e che scopro (solo mentre scrivo questa newsletter) essere morto lo scorso dicembre, suicida. La canzone è questa qui, e io uso il coreano da questo sito, e i due suoni due che ho imparato su Duolingo, per immaginarmi dentro quella stanza, la penombra, e la promessa di una luce arancione, mentre (mi) canto:
Farò un lungo viaggio
Nelle profondità del mare
L’argento dell’acqua
Porta il mio corpo verso di te
Sei tu, il mio mare
Lo sai anche tu
Che ti amo molto
Tra meno di due mesi sarà il mio compleanno.
Quando mi chiedono “quando sei nata?” rispondo sempre “il 4 settembre, giorno di Santa Rosalia, patrona di Palermo e di tutta la Sicilia”. L’ho sempre trovata una coincidenza amabile. Nativa di un’isola, isolana in moto, potrei perdere tutto, il mio nome, i miei anni, i miei tratti, tutto perduto in me, di me. Ma mai l’isola.
Essere nata il giorno in cui, presumibilmente, santa Rosalia passava dolcemente dal sonno alla morte, nell’anno 1170, la trovo una cosa incredibilmente romantica. Non posso che pensarci in questi giorni di metà luglio, perché so che a Palermo è festa grande, anzi, fistinu ranni.
Una rosa senza spine
Rosalia non mi piace solo perché muore il giorno del mio compleanno.
Rosalia mi piace perché era una monella.
Rosalia de Sinibaldi nasce intorno al 1130 in una delle più illustri famiglie della sua epoca. Suo padre era il conte Sinibaldo Sinibaldi (che fantasia oh), signore della Quisquina e discendente di Carlo Magno; sua madre, Maria Guiscardi, aveva legami con la corte normanna di Ruggero II. Rosalia trascorre l'infanzia e l'adolescenza presso quella stessa corte, diventando una delle damigelle d'onore della regina Sibilla. La leggenda narra che, prima della nascita di Rosalia, a Ruggero II d’Altavilla e alla sua prima moglie Elvira apparve una figura misteriosa che li informò dell'arrivo della bambina, descrivendola come “una rosa senza spine”. Da qui deriva il nome Rosalia, che unisce i termini latini rosa e lilium, “rosa” e “giglio”.
Ma di spine Rosalia ne aveva eccome.
Poco più che bambina, forse tredicenne, Rosalia si ribella a mamma e papà, che - come da prassi - le hanno già scelto il marito, un certo Baldovino, e progettato il futuro. Alla vigilia delle nozze, dice di aver visto il volto di Gesù in uno specchio, si taglia le trecce, e dopo aver comunicato alla famiglia, alla corte e al promesso sposo la propria decisione, abbandona il palazzo.
Si ni fui, insomma. Fa la fuitina. Ma la fa da sola.
Se ne va prima al monastero del SS. Salvatore a Palermo, e poi per sfuggire alle continue visite dei genitori e di Baldovino, che non si rassegnavano ad averla perduta, si sposta in una grotta presso Santo Stefano Quisquina, nei terreni di suo padre, dove vive per dodici anni come eremita. Poi, un giorno, dopo dodici anni, la regina Margherita le concede di trasferirsi in un’altra grotta, sul Monte Pellegrino, dove vive in solitudine ancora per otto anni, sino alla morte che, come già sapete, ricorre tradizionalmente il 4 di settembre.
Quest’anno, il 2024, si commemora il 400esimo anniversario del ritrovamento delle spoglie di Santa Rosalia, chiamata a Santuzza, e allora u fistinu è un po’ più grande e se possibile un po’ più sentito del solito.
Ti rissi no (ti ho detto no)
Tante le opere d’arte dedicate a Rosalia, tante quelle che popolano le strade di Palermo. Ne ho trovate un po’ raccolte in questo sito, ma una delle mie preferite è senza dubbio questa, di Tutto e niente:
Forse perché me la immagino così, a Santuzza.
Piccola, caparbia, cocciuta. Lo sguardo fiero, deciso.
Per usare le parole dell’artista, rivoluzionaria:
C’è la forza della ribellione contro il potente e contro l’abuso in Rosalia Sinibaldi, la forza di dire no a un destino già scritto, la forza della speranza.
La storia di Rosalia è senza dubbio una storia di fede, ma è ancor prima una storia di ribellione e di autodeterminazione. Rosalia sa cosa desidera - forse ancor più ardentemente sa cosa non desidera - e sceglie come vivere la propria vita. Che poi faccia qualche miracolo, che salvi Palermo dalla peste, io lo trovo un po’ irrilevante (e non me ne vogliano le persone di fede).
Il miracolo più luminoso che Rosalia può fare è quello di disegnare la propria vita: a Santuzza ci mostra che guarire si può, dalla peste che tormenta l’anima, da un destino che non abbiamo scelto. E in particolare Rosalia combatte contro l’ingiustizia più grande, quella di una relazione imposta, quella di un amore che amore non è.
Rosalia dice di no.
Non è un caso quindi che Rosalia sia diventata icona di una lotta oggi più che mai necessaria, la lotta femminista e transfemminista contro ogni forma di violenza di genere. Così come non è un caso che l’associazione Non una di meno - Palermo usi l’immagine della Santa nel suo lavoro di advocacy e di attivismo. Sul loro ultimo post su IG, dopo l’ennesima notizia di stupro ai danni di una giovanissima donna di sedici anni, si legge:
La festa per la santuzza è presa di posizione più che mai per l’autodeterminazione dei corpi e contrasto a chi quei corpi cerca di umiliarli, ferirli, controllarli, strumentalizzarli.
TI RISSI NO [TI HO DETTO NO]
A Gent tra una settimana iniziano le feste di paese, le Gentse Feesten, e io sto pensando che dal 2022 una campagna di sensibilizzazione in città prova a garantire un’atmosfera quanto più sicura possibile a tutte le persone che partecipano. Soprattutto per quanto riguarda le molestie sessuali. La campagna recita:
Nee is nee, enkel ja is oké
No è no, solo il sì va bene (il consenso esplicitato)
Ti rissi no. Nee is nee.
Io però intanto alle feste di paese in bagno non vado mai da sola. Mai.
Allora mentre sogno a occhi aperti, e mi dedico canzoni d’amore, penso al mio compleanno, penso alla Santuzza, e penso a tutte le mie sorelle.
Penso anche alle sante della storia. Penso ad Agata, a Oliva, a Cristina, a Ninfa.
Mi chiedo se siano tutte scappate da una qualche forma di violenza, benedicendo piuttosto la determinazione della propria esistenza.
Chissà, quanti dei miracoli e dei culti della fede cattolica siano da attribuire a fughe ribelli da destini violenti e usurpatori. Chissà.
Io, nel dubbio, una preghiera la faccio. Santuzza, aiutini tu.
Amen.
Cose che ho letto, visto, sentito
Sono andata al cinema a vedere Kinds of Kindness, Yorgos Lanthimos non si smentisce (di nuovo). E poi io ho un debole enorme per Emma Stone.
Ho finito di rileggere Che tu sia per me il coltello di David Grossman. E, visto che “Amore è il fatto che tu sei per me il coltello col quale frugo dentro me stesso” è una cosa che Franz Kafka scrisse a Milena Jesenskà, ho iniziato a leggere:
Le lettere di Franz a Milena. Sono innamorata. Le sto leggendo in inglese, ma ecco un pezzetto in italiano: Forse non amiamo irragionevolmente perché pensiamo di avere tempo o di dover fare i conti con il tempo. Ma cosa succede se non abbiamo tempo? E se il tempo, come lo conosciamo, fosse irrilevante? Ah, se solo il mondo finisse domani. Potremmo aiutarci molto a vicenda.
Grazie a Epifania per l’ispirazione per questo episodio :) Fate ə monellə! ︎
Puntata stupenda! Non conoscevo la storia di Santa Rosalia, grazie per avercela raccontata con così tanta passione.
Non conoscevo la storia di Santa Rosalia. Anche qui in Catalogna ogni festa popolare ha il suo banchetto viola di presidio e i manifesti che ricordano in ogni dove che "no è no". (Bellissimo episodio, linda. 💜)